Unione di fatto di due abitazioni ai fini fiscali

E’ un caso molto particolare ed infrequente ma non impossibile: quello che prevede l’unione “di fatto” di due unità immobiliari allo scopo di ottenere l’esenzione IMU prevista per le unità immobiliari destinate a “residenza principale”.

Che cos’è in sostanza “l’unione di fatto”?

Si parla di “unione di fatto” quando due unità immobiliari, pur autonomamente censite al Catasto con un proprio univoco numero di subalterno e appartenenti ciascuno a due soggetti diversi, vengono messe in collegamento mediante l’apertura di un vano porta al fine di costituire complessivamente un’ abitazione principale senza dare seguito ad una “fusione immobiliare”, la quale sarebbe di fatto impossibile (in relazione alla diversa titolarità degli immobili stessi).

Può essere il caso, ad esempio, di marito e moglie proprietari ciascuno di due appartamenti tra di loro attigui, che decidono di utilizzare i due immobili come unica più ampia abitazione.

Normalmente, dovendo avere i due coniugi la residenza in una sola delle due, si troverebbero nella circostanza fiscale che prevede l’esenzione IMU per l’unità in cui risiedono, ma l’imposizione fiscale per l’unità contermine considerata per Legge “seconda abitazione”.

D’altra parte in questa particolare fattispecie, attuare una “fusione” non solo sotto il profilo catastale, ma anche “urbanistico” dei due immobili, ciò al fine di ottenerne uno unico immobile, non sarebbe perseguibile in ragione della diversa titolarità dei due beni (occorrerebbe quindi prima intestare entrambe agli stessi soggetti attraverso un atto notarile di compravendita).

Effettuando questa “operazione” il Fisco viene incontro a questa particolare fattispecie di utilizzo, effettivamente goduti nella pratica come unica più ampia abitazione (principale) dai membri dello stesso nucleo familiare.

Autonomia funzionale e reddituale i due requisiti essenziali per poter attuare l’unione di fatto…

Occorre dire fin da subito che generalmente non sarebbe ammissibile la fusione di unità immobiliari, anche se contigue, quando per ciascuna di esse sia riscontrata l’autonomia funzionale e reddituale, e ciò indipendentemente dalla titolarità di tali unità.

Per “autonomia funzionale” è da intendersi l’insieme inscindibile delle caratteristiche che rendono indipendente e pienamente godibile un bene immobile, considerato lo stato di fatto in cui si trova e secondo gli usi locali.

L’ “autonomia reddituale” si configura invece quando il bene è in grado, autonomamente, di produrre un certo reddito indipendente da altre porzioni facenti parti dello stesso compendio immobiliare.

Nel caso però in cui, a seguito di interventi edilizi effettuati ( su una o entrambe le abitazioni ), vengano meno ( almeno per una di queste ) i menzionati requisiti, pur essendo preclusa la possibilità di “fondere” in un’unica unità immobiliare i due originari cespiti in presenza di distinta titolarità, è possibile ricorrere all’unione di fatto al fine di dare evidenza negli archivi catastali di tale concreta circostanza, questo ai soli fini fiscali.

Il riferimento normativo che avalla tale fattispecie è contenuto nella CIRCOLARE N. 27/E 2016 dell’ AGENZIA DELLE ENTRATE ( Ved. punto 1.7 Pag. 10).

Un esempio concreto di perdita di autonomia funzionale e reddituale…

Tornando all’esempio già enunciato di marito e moglie proprietari ciascuno di due appartamenti attigui.

Per concretizzare la perdita di autonomia, uno dei due appartamenti dovrà essere obbligatoriamente trasformato in modo tale che vengano meno alcune caratteristiche e le dotazioni che consentono di rendere “autonomo” il bene sotto detti profili (funzionale e reddituale).

A questo punto è chiaro quindi che, una delle due cucine dovrà essere trasformata in un locale a diversa destinazione: infatti, ove permanessero due locali cottura, si configurerebbe la presunzione di due unità abitative autosufficienti ed indipendenti ancorché collegate tra di loro attraverso un apertura di passaggio.

Questo per far comprendere al lettore che non è sufficiente mettere in collegamento due abitazioni per concretizzare una “unione di fatto”.

Pertanto, vige la regola generale secondo cui per poter effettuare una unione di fatto, i due immobili dovranno essere non solo uniti fisicamente ma anche concretamente trasformati con opportune opere edilizie tali da renderli ognuno non utilizzabili in modo autonomo.

Detto questo è mia intenzione esternare un preciso monito:

“inscenare” l’unione di fatto senza renderla concreta secondo quanto indicato, al solo scopo di risparmiare sul pagamento delle imposte è un tentativo di elusione da non perseguire assolutamente.

Quali procedura amministrative sono necessarie?

La stessa circolare 27/E indica “il percorso” da compiere per attuare l’unione di fatto.

E’ necessario presentare, con le modalità di cui al decreto del Ministro delle Finanze 19 aprile 1994, n. 701, due distinte dichiarazioni di variazione, relative a ciascuna delle menzionate porzioni.
Tali dichiarazioni di variazione prevedono, in particolare:

  • l’utilizzo della causale di presentazione “Altre”, nel cui campo descrittivo deve essere riportata la dizione “DICHIARAZIONE DI PORZIONE DI U.I.”;

  •  l’inserimento, nel riquadro “Note relative al documento”, della dizione “Porzione di u.i.u. unita di fatto con quella di Foglio xxx Part. yyy Sub. zzzz. Rendita attribuita alla porzione di u.i.u. ai fini fiscali”;

  • la rappresentazione, nelle planimetrie di ciascuna porzione, dell’intera unità immobiliare, con l’avvertenza di utilizzare il tratto continuo per la parte associata a ciascuna titolarità e quello tratteggiato per la parte rimanente. Un tratteggio a linea e punto è riportato nella planimetria per meglio distinguere e delimitare ciascuna delle parti da associare alla ditta avente diritto;

  • ai fini del classamento, l’attribuzione ai beni costituenti porzioni di unità immobiliare della categoria e classe più appropriata, considerando le caratteristiche proprie dell’unità immobiliare intesa nel suo complesso (cioè derivante dalla fusione di fatto delle porzioni), mentre la rendita di competenza viene associata a ciascuna di dette porzioni, in ragione della relativa consistenza.

Non è pertanto sufficiente richiedere ai competenti Uffici dell’Agenzia delle Entrate solo l’inserimento di un’apposita annotazione negli atti catastali, senza che siano state presentate le dichiarazioni di variazione secondo le modalità sopra esposte.

L’Ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate, immediatamente dopo la registrazione in banca dati catastale delle menzionate dichiarazioni di variazione, provvede ad inserire, negli atti relativi a ciascuna porzione immobiliare, la seguente annotazione “Porzione di u. i. u. unita di fatto con quella di Foglio xxx Part. yyy Sub. zzzz. Rendita attribuita alla porzione di u.i.u. ai fini fiscali”.

Naturalmente dovendo attuare delle modifiche edilizie (creazione del collegamento, variazione della destinazione d’uso della cucina, etc.) dovranno essere predisposte le necessarie pratiche edilizie comunali ( una per ciascuna unità – essendo le titolarità delle due unità diverse ) optando per CILA o SCIA a seconda se i lavori da attuarsi interessino o meno le parti strutturali dell’immobile.

Fatto questo le due abitazioni saranno considerate, almeno sotto il profilo fiscale, un unica abitazione principale.

Un ultima “sfumatura” che mi preme segnalare:

l’unione di fatto di due immobili è possibile non solo tra due abitazioni adiacenti appartenenti al medesimo piano, ma anche quelle poste l’una sopra l’altra purché possano essere rese comunicanti.

In conclusione… buona “unione di fatto”, ma mi raccomando, senza sotterfugi  e con tutti i requisiti del caso!

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