Lievi difformità edilizie: come regolarizzarle?
Spesso è proprio la vendita il momento fatidico in cui ci si accorge che ci sono piccole incongruenze tra le planimetrie depositate presso Comune e Catasto e lo stato reale dell’immobile.
Definite in gergo tecnico “difformità edilizie”, queste attengono a piccole opere eseguite senza deposito di alcun “permesso edilizio” oppure realizzate in parziale difformità da quest’ultimo.
Spostamento di pareti interne, apertura/spostamento di porte interne, creazione di un nuovo bagno, installazione e/o rifacimento di un impianto (elettrico, idrico, gas, riscaldamento, etc.), sono solo alcuni possibili esempi di interventi che se realizzati senza preventivo “permesso edilizio” ma che se conformi alla normativa ed ai regolamenti edilizi locali, possono essere comunque facilmente legittimati attraverso opportune procedure edilizie che tra poco andrò a descrivere.
Prima di entrare nel vivo dell’argomento voglio però specificare che ogni qualvolta ci si appresta ad eseguire un intervento nel proprio immobile, è sempre bene informarsi preventivamente presso l’Ufficio Tecnico comunale o in alternativa consultando un tecnico del settore edile (Geometra, Ingegnere, Architetto) al fine di comprendere se quanto da eseguirsi, necessiti o meno del deposito di una pratica edilizia che vada a rendere legittimo l’intervento in previsione.
Certamente vi sono alcune categorie di interventi che per la loro natura marginale non necessitano di alcuna pratica in tal senso in quanto rientranti nelle Cd. “opere di edilizia libera pura” (ho già trattato l’argomento che potrai approfondire consultando l’articolo Piccole opere edilizie: quali adempimenti sono necessari?!), ma onde evitare spiacevoli sorprese e problematiche successive, quanto detto è una regola generale che consiglio sempre di seguire, anche in considerazione del fatto che la normativa di settore è piuttosto mutevole nel tempo.
Tra le più importanti “spiacevoli situazioni” che questo tipo di approccio consentirà di evitare vi è certamente quella di natura economica: non rischiare cioè di ritrovarsi a sborsare un “bel gruzzolo” per sanzioni pecuniarie e maggiori costi tecnico-professionali necessari a legittimare posteriormente certe situazioni.
A questo punto occorre precisare quale opportuna informazione per il lettore che
l’unico documento che fa fede al fine di identificare lo stato legittimo dell’immobile è l’originario progetto di costruzione depositato presso il comune ove sorge l’immobile, unitamente a quelli che successivamente possono aver legittimato interventi edilizi eventualmente eseguiti in un tempo successivo.
A nulla vale come riferimento “probatorio” della legittimità urbanistico-edilizia la rappresentazione fornita dalla planimetria catastale in quanto tale elaborato attiene ad una documentazione che rileva ai soli fini fiscali.
Detto questo, tornando al dunque…
Cosa occorre fare nel caso in cui da un confronto tra la planimetria depositata in comune emergano delle “difformità” edilizie nel proprio immobile?
La risposta non è univoca e scontata: l’esito dipende chiaramente dalla natura e dall’entità dell’abuso che è stato commesso.
Parlando di “lievi difformità edilizie” in specifica congruenza con l’argomento trattato dall’articolo, c’è da dire che tutto è stato recentemente semplificato con l’affermazione in ambito procedurale edilizio della CILA Cd. “POSTUMA”, la cui specificità è stata introdotta con l’entrata in vigore del Decreto SCIA 2 (D.Lgs. 222/2016).
Si tratta in buona sostanza di una “comunicazione” comunale per mezzo della quale si dichiara che “ad una certa data”, sono stati compiuti determinati lavori edili o impiantistici senza aver preventivamente depositato alcuna comunicazione/atto abilitativo, oppure che quanto eseguito differisce sostanzialmente dal progetto depositato.
La CILA depositata a firma del proprietario (o altro detentore dell’immobile), è comunque redatta da un professionista abilitato del settore edile che, oltre a produrre tutti i documenti propriamente richiesti dalla procedura, ha anche il compito di “asseverare” che le opere realizzate siano conformi agli strumenti urbanistici (PRG, Regolamento Edilizio, etc.) nonché a tutte le altre normative di settore regionali e nazionali vigenti al momento del deposito della comunicazione.
Quello della “conformità” è un requisito FONDAMENTALE ed IMPRESCINDIBILE senza il rispetto del quale non è possibile procedere con la regolarizzazione dell’opera difforme.
Essendo per sua natura intrinseca la CILA “POSTUMA” una comunicazione depositata posteriormente all’esecuzione dei lavori ( cioè ad intervento già concluso ), la stessa comporta per Legge il versamento di una sanzione pecuniaria pari a € 1.000,00 da corrispondersi al Comune.
Caso particolare invece quello in cui l’intervento fosse ancora “in corso di esecuzione” e la comunicazione avvenisse in modo “spontaneo” (cioè senza il preventivo accertamento dell’abuso da parte della competente autorità), nel qual caso si parla di CILA “TARDIVA” e la suddetta sanzione risulta ridotta di 2/3 (da corrispondersi quindi €333,34).
Al di la dell’assoggettamento alla sanzione tale procedura è comunque piuttosto banale e veloce: una volta effettuato il deposito comunale le difformità edilizie sono “contestualmente” rese legittime (in quanto la conformità è asseverata dal tecnico) e non resta che procedere con l’eventuale aggiornamento catastale (da predisporsi nel caso in cui le opere dichiarate incidessero sulle caratteristiche di “consistenza” dell’immobile, quale ad esempio il mutamento delle superfici e del numero dei vani dell’abitazione).
Per quali interventi è possibile ricorrere al deposito della CILA “Postuma”?
Per tutte le OPERE NON RIGUARDANTI PARTI STRUTTURALI DELL’EDIFICIO comprese nelle due seguenti categoria di interventi edilizi così come definiti dal D.P.R. 380/01 “Testo Unico dell’Edilizia”:
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INTERVENTI DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA
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INTERVENTI DI RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO
( N.B. Le varie normative regionali prevedono ulteriori interventi che per la loro natura possono essere soggetti a detta procedura ma generalmente questi sono i casi più frequenti)
Interventi di manutenzione straordinaria
Rientrano in questa categoria:
<<le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire partianche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso>>.
Tra questi si possono elencare a livello generale e certamente non del tutto omnicomprensivo:
– modifiche interne quali demolizione/realizzazione/modifica di pareti divisorie e porte interne anche con interesse strutturale;
– gli interventi sull’involucro edilizio, ove già ammessi per legge a detrazione e/o incentivi fiscali (quali rifacimenti di facciate, coperture, pavimenti, sostituzione di infissi, etc.)
– l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento degli impianti tecnici a servizio dell’unità immobiliare;
– le opere di consolidamento, di ripristino di parti localizzate di elementi strutturali (porzioni corticali di pilastri, travi, cordoli, etc.)
– i rivestimenti e le tinteggiature di prospetti esterni con modifiche rispetto alla preesistente esteriorità per dettagli ornamentali, materiali e colori;
– il frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso;
– altri interventi che non modifichino la sagoma e i prospetti dell’edificio.
Interventi di restauro e risanamento conservativo
Rientrano in questa categoria:
<<gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili>>.
Tra questi si possono elencare a livello generale e certamente non del tutto omnicomprensivo:
– le modeste modifiche di prospetto per l’adeguamento di finestre e aperture esistenti ai requisiti minimi di aerazione e illuminazione e le trasformazioni da porta a finestra e viceversa;
– il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio (anche con interesse strutturale), l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, nonché l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio;
– altri interventi sistematici volti alla conservazione ed all’adeguamento funzionale di edifici ancorché di recente origine, eseguiti nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo edilizio.
E per altri tipo di interventi come la “ristrutturazione edilizia” o quelli che interessino parti strutturali?
Certamente l’attento lettore potrebbe essersi già posto questa arguta domanda, magari proprio perchè il suo caso rientra proprio tra le opere di straordinaria manutenzione ma riguardanti parti strutturali dell’edificio (come ad es. l’apertura di una nuova porta su setto murario portante).
Per le fattispecie in questione l’unica “strada percorribile” è quella dell’istanza di sanatoria edilizia, che però presenta delle sostanziali differenze rispetto alla CILA.
In questo caso infatti la legittimazione delle opere non avviene contestualmente con il deposito presso il comune ed in virtù della mera asseverazione del tecnico, ma lo “status di illegittimità” sarà oggetto di più approfondita istruttoria comunale che richiederà un certo lasso di tempo (in genere si parla di 1/2 mesi – come minimo) ed il cui esito (non certo), se positivo sarà circostanziato dal rilascio di una “attestazione di conformità in sanatoria” ovvero un vero e proprio atto legittimante rilasciato dall’Amministrazione comunale.
Inoltre aspetto decisamente più “rilevante” ai fini dell’esito, sta nel fatto che l’istituto della “sanatoria edilizia” è regolato dal “principio della doppia conformità” urbanistico edilizia che impone che le opere oggetto di istanza siano conformi sia alle normative (nazionali, regionali e locali) vigenti sia al momento di compimento dell’abuso, sia a quelle vigenti alla data di deposito dell’istanza stessa, condizione certamente molto più “restrittiva” rispetto a quella della CILA.
Anche in questo caso sarà comunque dovuto il pagamento di una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a € 1.000 e non superiore ad € 5.164.
Conclusioni
Ad oggi queste sono le “possibilità di manovra” che possono adottarsi per i vari casi di legittimazione di opere difformi di lieve entità, precisando che non sono state volutamente trattate tutte quelle fattispecie di abusi “maggiori” che necessitano del Permesso di Costruire in Sanatoria, come i casi ad esempio degli ampliamenti eccedenti il 20% del volume dell’immobile, le nuove costruzioni, etc.
In conclusione si vuole ancora una volta ribadire quale concetto focale utile a poter procedere con un istanza di sanatoria, quello di “confomità edilizia” senza il rispetto del quale un intervento non potrà mai essere legittimato sotto il profilo urbanistico-edilizio, salvo l’ipotesi remota di “condono edilizio”, un istituto straordinario che saltuariamente negli anni si è ripresentato a cadenza più o meno decennale, ma che certamente non fornisce comunque la soluzione “a tutti i mali” per diverse motivazioni che però esulano dall’argomento trattato.
Quella del condono edilizio è un altra storia….
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