Riscaldamento “a pavimento” mix di funzionalità e risparmio energetico
Negli anni abbiamo assistito ad una crescente sensibilizzazione al risparmio energetico ed allo sviluppo sostenibile, intrapreso trasversalmente in tutti i settori, un cambio di mentalità piuttosto radicale rispetto al passato quando le risorse energetiche erano considerate pressoché inesauribili e la sostenibilità ambientale era un concetto ancora agli albori.
Questa sensibilizzazione è andata via via sempre più affermandosi anche nel settore delle costruzioni, dove questa nuova “tematica” ha giocato un effetto “propulsivo” nello sviluppo tecnologico dei sistemi costruttivi, inducendo gli operatori del settore a dare nuove risposte alla domanda crescente di immobili energeticamente sempre più efficienti e automatizzati, tendenti al modello ideale di “casa domotica e passiva”.
Tra i vari sistemi di risparmio energetico sviluppati sull’onda di tale nuovo “modello abitativo” troviamo, sicuramente ai “primi posti”, l’impianto di riscaldamento Cd. “a pavimento” detto anche “a pannelli radianti”, una soluzione certamente già nota e applicata nella sua concezione “primordiale” già in passato ( i primi esperimenti in questo senso sono collocabili addirittura negli anni successivi alla seconda guerra – non considerando le tipologie arcaiche già adottate nell’antichità da romani, cinesi ed egizi), che si pone in alternativa (quasi in antitesi – energeticamente parlando) al vecchio impianto di tipo “tradizionale, dove la presenza di radiatori disseminati “qua e la” negli ambienti da riscaldare, ha costituito fino a qualche anno fa la tipologia più affermata e consuetudinaria, almeno nel nostro Paese.
Come è composto un impianto di riscaldamento “a pavimento”?
La differenza sostanziale sta nel fatto che il sistema con cui avviene la trasmissione del calore agli ambienti interni è data anziché da elementi radianti “puntuali”, i radiatori per l’appunto (o caloriferi che dir si voglia), direttamente dalla pavimentazione che diviene essa stessa “corpo radiante” a tutta superficie.
Questa viene riscaldata mediante il principio dello scambio termico per conduzione con un fluido caldo che scorre nelle tubazioni annegate al di sotto della pavimentazione stessa.
In particolare il sistema prevede la presenza per ogni ambiente da riscaldare di una (o più, a seconda delle dimensioni del vano) tubazione disposta “a serpentina” a creare un circuito chiuso (cioè che parte e ritorna al collettore di distruzione) posizionata su un pannello isolante ( in genere polistirene espanso EPS ) dotato di bugne su cui viene posata “ad incastro” a comporre omogeneamente il circuito stesso.
Il “pacchetto radiante” così composto viene posizionato al di sopra dell’eventuale massetto di alleggerimento altrimenti detto “massetto impianti” (proprio perchè in genere vi sono posizionati gli altri impianti tecnici) e lo stesso viene completato, prima di posare la pavimentazione, con il getto del cosiddetto “massetto radiante” ovvero una miscela cementizia ad alta conducibilità termica il cui compito è ovviamente di trasmettere quanto più possibile il calore alla superficie pavimentata.
Impianti radianti a “basso spessore”
Se realizzare un impianto radiante “a pavimento” non costituisce un particolare problema in una nuova costruzione, ove generalmente il sistema è già insito in modo integrato nel progetto sin dalla prima concezione del medesimo, lo stesso non può dirsi nei casi di installazione in edifici esistenti magari in sostituzione di un impianto termico preesistente.
Ciò in ragione di diversi fattori che dipendono quasi sempre dalle caratteristiche costruttive peculiari dell’edificio su cui si interviene.
Occorre quindi effettuare un’attenta valutazione tecnica preventiva eseguita da un professionista del settore (geometra, ingegnere, architetto) atta a verificare nel particolare:
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la possibilità di garantire (a sistema installato) la dovuta altezza minima interna prescritta dalla normativa ( 2,70 ml per gli ambienti principali e 2,40 ml per quelli accessori);
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la necessità di operare una preventiva demolizione del massetto esistente onde recuperare anche pochi centimetri da poter sfruttare per il nuovo spessore del “pacchetto radiante”;
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la compatibilità dei nuovi carichi posti in gioco sotto il profilo strutturale, andando cioè a verificare che l’eventuale aggravio di peso sul solaio non ecceda la capacità portante delle strutture;
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la necessità di alzare gli architravi delle porte interne e l’altezza dei parapetti delle finestre.
Da questo punto di vista, onde ovviare alle suddette problematiche, sia la normativa che il progresso tecnologico costruttivo, sono venuti “in qualche modo incontro” alle nuove esigenze di risparmio energetico andando ad individuare due “scappatoie” che favoriscono l’introduzione di tali sistemi energetici anche nei contesti esistenti meno favorevoli.
In particolare il D.M. 26/06/2015 “prescrizioni e requisiti minimi degli edifici” stabilisce che:
“nel caso di installazione di impianti termici dotati di pannelli radianti a pavimento o a soffitto e nel caso di intervento di isolamento dall’interno, le altezze minime dei locali di abitazione previste al primo e al secondo comma, del decreto ministeriale 5 luglio 1975, possono essere derogate, fino a un massimo di 10 centimetri. Resta fermo che nei comuni montani al di sopra dei metri 1000 sul livello del mare può essere consentita, tenuto conto delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia, una riduzione dell’altezza minima dei locali abitabili a metri 2,55.”
Ciò significa che nel caso di un abitazione civile sarà considerata comunque regolamentare un altezza minima, in corrispondenza di locali principali, non inferiore ai 2,60 ml. ( 2,30 ml per i locali accessori ), salvo le minori altezze previste nei comuni montani con il minimo già citato dal Decreto.
Oltre a questo come detto, la tecnologia costruttiva ha fatto “la sua parte” negli ultimi anni, laddove quasi tutti i produttori di sistemi di riscaldamento “a pavimento”, hanno individuato particolari soluzioni tecniche costituite da “pacchetti radianti in basso spessore” ( 35 ÷ 40 mm ), che seppur differenziandosi dalle soluzioni “tradizionali” di pochi centimetri ( queste ultime hanno generalmente altezza di 60 ÷ 70 mm ), costituiscono un enorme vantaggio in termini pratici, consentendo talvolta di ovviare a costose opere di adeguamento murario.
Quali sono i vantaggi di questo sistema?
Questa soluzione tecnica comporta moltissimi vantaggi pratici oltre che di ordine economico in termini di costi di esercizio dell’impianto.
VANTAGGI FUNZIONALI:
#1 ARREDABILITA’ DEGLI AMBIENTI:
Non essendoci la necessità di dedicare spazi per i corpi radianti le pareti degli ambienti sono maggiormente sfruttabili per poter posizionare senza vincoli gli arredi interni.
#2 DIFFUSIONE DEL CALORE E COMFORT AMBIENTALE:
Con i tradizionali radiatori non si ha mai una diffusione omogenea del calore: per ottenere i canonici 20°C medi all’interno della stanza, ciò comporta che la temperatura nei pressi del radiatore sia ben più elevata.
Inoltre i caloriferi inducono, proprio per la marcata differenza termica che si instaura in relazione al loro regime di funzionamento, la formazione di moti convettivi di aria all’interno dei locali: l’aria più calda tende a salire e stratificare verso il soffitto fintanto che non si raffredda e ricade verso il pavimento.
Tale “ricircolo” comporta inevitabilmente una continua migrazione di polvere veicolata dal flusso d’aria, condizione non ideale per il comfort ed il benessere ambientale, soprattutto per chi ha patologie di tipo allergico-respiratorio.
Diversamente nel caso di impianto “a pavimento” la temperatura risulta più omogeneamente distribuita su tutta la pianta del locale, condizione che unita al minor differenziale di temperatura, limita al minimo la formazione di moti convettivi d’aria e quindi veicolazione della polvere.
VANTAGGI ENERGETICI:
#1 FUNZIONAMENTO IN REGIME DI “BASSA TEMPERATURA”:
ciò significa che mentre con una soluzione tradizionale “a radiatori” per ottenere una temperatura di 20°C in ogni stanza occorre impostare la temperatura di produzione del generatore a circa 70÷80 °C, per quello “a pavimento” basterà produrre acqua a soli 35÷40 °C!!!
Questo diverso “regime” di funzionamento consente praticamente di ridurre anche drasticamente i consumi di esercizio in regime di riscaldamento invernale, evenienza che si traduce in un considerevole risparmio economico per tale servizio.
Inoltre questo tipo di funzionamento si presta per poter sfruttare tecnologie di produzione di calore ancora più efficienti disponibili sul mercato.
Un impianto “a bassa temperatura” infatti può essere abbinato al meglio con:
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caldaie “a condensazione” che proprio in regime di bassa temperatura hanno il maggior rendimento di produzione termica stante il recupero del calore latente di condensazione dei fumi di scarico ( in sostanza il calore contenuto nel vapore acqueo presente nei fumi di scarico viene parzialmente recuperato e sfruttato per la produzione), circostanza impossibile da attuare con le caldaie di tipo tradizionale;
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pompe di calore “aria-acqua” dove il calore utile a riscaldare l’acqua dei circuito dell’impianto radiante, viene prodotta appunto da una macchina simile ad un “frigo” che funziona e ciclo inverso (come ad esempio le unità esterne degli impianti di condizionamento);
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caldaie a biomasse cioè quelle che funzionano utilizzando un combustibile proveniente da coltivazioni agricole, dalla deforestazione e da altre attività industriali della lavorazione del legno e della carta (legno, pellet, cippato, etc.);
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pannelli solari cioè quei sistemi tecnici che sfruttano l’energia rinnovabile del sole per la produzione di acqua calda sia per riscaldamento che per uso igienico sanitario. Da precisare che tale fonte di produzione non è mai “principale” ma “ausiliaria”, ovvero i pannelli solari apportano un contributo “integrativo” ad un sistema di generazione principale costituito da un generatore che possa funzionare in ogni circostanza (al contrario del pannello solare che poco produce in certe condizioni meteo).
#2 FUNZIONAMENTO COME SISTEMA DI RAFFRESCAMENTO ESTIVO
L’impianto a pavimento al contrario di quello tradizionale “a radiatori” può fungere anche da sistema di “raffrescamento estivo”. Ciò si attua semplicemente con l’immissione di acqua fredda nel circuito ( basta anche acqua a temperatura di 15÷17 °C), ottenendo il risultato di rinfrescare gli ambienti senza gli svantaggi che comportano i classici condizionatori ad aria i quali generano noiose correnti d’aria fredda, certamente deleterie per il benessere e la salute.
Tale soluzione consente in talune condizioni di rinunciare all’installazione di costosi sistemi di condizionamento estivo o comunque, ove presenti, di ridurne l’uso nei periodi meno caldi, situazione che comporta un conseguente risparmio energetico ed economico.
Sistemi di controllo della temperatura di tipo automatizzato ed indipendente…
Un ulteriore vantaggio costituito dal sistema in esame è data dal fatto che la temperatura di funzionamento dell’impianto può essere gestita in modo “indipendente” per ogni ambiente interno grazie ad un sistema di controllo della temperatura (termostato ambiente – uno per ogni vano riscaldato servito dal circuito di riscaldamento) attraverso cui potrà essere impostata e programmata la temperatura preferita anche in modo diversificato durante il corso della settimana.
Quali sono i costi di un impianto di riscaldamento a pavimento?
Da precisare in prima battuta che la risposta a tale quesito non è univoca per ogni circostanza, anche per le ragioni costruttive che poc’anzi ho espresso.
Occorre inoltre premettere, quale nozione di carattere generale sempre valida, che un impianto di questo tipo viene comunque sempre a costare circa un 50% in più rispetto ad un impianto tradizionale “a radiatori”.
Quale ordine di grandezza per fare una valutazione sommaria dell’intervento può prendersi a riferimento l’importo di 100÷120 €/mq comprendente la sola posa del pacchetto radiante costituito da pannello isolante, tubazioni e accessori ed esecuzione del massetto radiante, esclusa eventuale preparazione del piano di posa e sovrastante pavimentazione.
Sono inoltre eventualmente da aggiungersi la demolizione dell’esistente pavimentazione con sottostante massetto cementizio (sino a 10 cm di spessore) ed il successivo necessario livellamento del piano pronto per la posa del suddetto “pacchetto radiante”, nel caso in cui si concretizzassero problematiche di sovraspessori rispetto al piano esistente o nel caso di problemi legati ai minimi regolamentari delle altezze interne; l’onere per tali ulteriori lavorazioni è quantificabile nell’ordine di 40÷50 €/mq.
Naturalmente tali maggiori importi “a conti fatti” sono comunque ben “ammortizzabili” in termini di investimento complessivo nel lungo termine, considerando sia il minor costo di esercizio per il servizio di riscaldamento invernale (non considerando la possibilità di gestire anche il raffrescamento estivo), sia usufruendo delle opportunità di detrazione fiscale vigenti per cui invito il lettore che intenda approfondire a consultare questi due articoli:
Le novità 2018 in materia di benefici fiscali per l’efficienza energetica degli edifici
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