L’importanza di un corretto isolamento termico
Un mio Cliente recentemente si è rivolto a me per problemi di “umidità” e di muffe all’interno del proprio appartamento. Il fenomeno era ricorrente soprattutto nei mesi invernali, nello specifico in corrispondenza di alcune parti delle murature esterne.
Descrivendo il problema, egli supponeva che la causa fosse da imputarsi a probabili infiltrazioni di pioggia provenienti dalla facciata condominiale caratterizzata da mattoni “facciavista”.
Conoscendo l’edificio avevo già un idea ben precisa in mente, ma per valutare più approfonditamente il caso, mi sono comunque recato sul posto in modo da accertare direttamente le condizioni nelle parti incriminate.
<<Già la prima analisi visiva è stata sufficiente a confermare i miei sospetti>>
Il problema non dipendeva da infiltrazioni di acque meteoriche dall’esterno quanto dall’ INEFFICACE ISOLAMENTO TERMICO del fabbricato!
Quella dei “ponti termici” oramai è una “vecchia storia”, ma prima di raccontarla, affinché tu possa comprendere bene le problematiche che tale difetto comporta, devo soprassedere un attimo e spiegarti almeno in modo sommario…
CHE COS’È UN “PONTE TERMICO”
Il “ponte termico“ è un espressione tecnica che indica una discontinuità a carico dell’isolamento termico dell’ involucro edilizio ( ovvero la “scatola” – costituita da pareti, solai, finestre, etc. – che racchiude il volume riscaldato ).
Questo difetto può concretizzarsi in ragione di:
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discontinuità GEOMETRICHE dell’involucro quali angoli (tra parete e parete e tra solaio e parete), elementi aggettanti ( come i balconi) , le rientranze ( come i sottodavanzali di finestre ove lo spessore murario è inferiore dell’ordinario ), etc.
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discontinuità MATERICHE ( cioè di materiale ) dei componenti dell’involucro come ad esempio lo “scheletro strutturale” ( pilastri, setti, travi, cordoli, etc. ) in corrispondenza del quale la capacità isolante dell’involucro viene fortemente compromessa da materiali ( come il cemento armato ) che risultano estremamente disperdenti calore
Purtroppo quello dei ponti termici è un difetto molto diffuso nel nostro patrimonio edilizio esistente, almeno quello costruito precedentemente ai primi anni 2000, quando ancora la normativa in materia di risparmio energetico ( pur vigente in modo “embrionale” già dal lontano 1976, poi “rinnovata” nel 1991 ), non imponeva certe verifiche specifiche atte a scongiurare tali lacune.
Successivamente con l’entrata in vigore della nuova normativa in materia di “rendimento energetico in edilizia” ( D.Lgs. 192/05 ) il legislatore ha cercato ( spinto anche dagli obblighi derivanti dalla normativa europea nel contempo intervenuta a regolamentazione degli stati membri ), di dare risposta a tali particolari difetti, cosicché tra i vari obblighi è scaturito anche quello di “correggere”, ( per gli edifici di nuova costruzione ), il difetto isolante dei ponti termici ( in gergo tecnico si parla appunto di “ponte termico corretto”), ovvero mettere in atto soluzioni tecniche concrete che portano a ridurre le dispersioni di calore in questi punti critici.
PERCHÉ E’ COSI’ IMPORTANTE ISOLARE TERMICAMENTE UN EDIFICIO?!
Nell’immaginario più comune, le persone pensano che isolare un edificio, da un punto di vista termico, sia solo una questione che attiene al risparmio energetico: più un fabbricato è isolato meno sarà il dispendio energetico e quindi più bassa la bolletta per il riscaldamento invernale.
Tutto ciò è vero, ma non finisce qui…
La mancata o inefficace presenza di un buon isolamento termico dell’involucro edilizio, oltre a comportare un dispendio energetico ( e quindi costi elevati per climatizzazione, sia estiva che invernale ) di apprezzabile entità ( si pensi che i ponti termici da soli incidono fino al 20% sul calore totale disperso da un ambiente ), costituisce giustappunto ( e con questo torniamo all’argomento in trattazione ) un grande difetto che può portare a problematiche secondarie ma non certo meno importanti.
Gli effetti secondari dei ponti termici sono…
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diminuzione del comfort abitativo: quando la temperatura in corrispondenza della faccia interna di una parte dell’involucro (parete, solaio, finestra, etc.) è inferiore di almeno tre gradi rispetto alla temperatura dell’ambiente si avverte una sensazione di disagio in prossimità di tale superficie
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problemi di condensazione superficiale
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conseguenti formazione delle muffe
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danni alla superficie muraria: le variazioni cicliche della temperatura causano un degrado dei materiali componenti la struttura dell’involucro edilizio
Entrando nel vivo della problematica lamentata…
La formazione di condensa sulla superficie interna delle pareti esterne in un ambiente abitabile, è UN PROBLEMA MOLTO SERIO DA NON SOTTOVALUTARE MAI in quanto foriero di conseguenze che a lungo andare comportano effetti anche gravi sulla salute umana!
Il meccanismo che produce tale fenomeno, non è ne più ne meno dissimile, da quello che accade in prossimità delle finestre più datate caratterizzate da un vetro semplice non isolante ( e magari di telaio in metallo di vecchia generazione – no “taglio termico” ), dove nelle giornate invernali molto fredde si crea ( soprattutto in condizioni ambientali interne di caldo umido ) il classico alone di vapore, la cosiddetta “appannatura” del vetro, una cospicua quantità di goccioline d’acqua che si formano sulla superficie interna dell’infisso ( sul vetro e talvolta anche sul telaio ).
Tale manifestazione, conosciuta in gergo tecnico con il termine di “condensazione superficiale” è un fenomeno fisico secondo cui una massa d’aria calda ( in questo caso l’aria interna ), se posta a contatto con un corpo decisamente più freddo ( in questo caso l’infisso molto freddo perchè poco isolante ), e raffreddata sino a raggiungere una certa temperatura ( detta “temperatura di rugiada” ), innesca il processo detto appunto “di condensazione”: l’aria contenuta nell’ambiente riscaldato passa dallo stato aeriforme, allo stato solido ( acqua ) accumulandosi sulla superficie sino a saturazione.
Maggiore è il tasso di umidità dell’aria ambiente, maggiore sarà il rischio di condensazione ( vedi ad esempio le cucine ed i bagni dove d’inverno l’alto tasso di umidità ambientale favorisce la condensazione verso le superfici esterne più fredde ), così come più grande sarà la differenza di temperatura tra interno ed esterno, maggiore sarà il rischio che si verifichi la condensazione.
Laddove l’involucro edilizio presenta un’inesistente o scadente capacità isolante, il fenomeno sopra esemplificato per gli infissi, avviene pariteticamente anche in corrispondenza delle cosiddette “superfici opache” ovvero le PARETI, i SOLAI, PORTONCINI D’INGRESSO, etc., che delimitano la zona riscaldata dall’esterno.
Con lo stesso meccanismo fisco si verificano anche le “condensazioni interstiziali”, le quali si differenziano da quelle già esposte per il solo fatto che la condensa non si forma solo in corrispondenza della parte superficiale interna della parete/solaio, ma anche nello spessore del materiale; tale circostanza risulta molto deleteria in quanto, mentre nel primo caso il condensato riesce eventualmente ad asciugare più facilmente ( con il calore dei mesi estivi o semplicemente aerando la stanza anche nei mesi invernali ), lo stesso non può accadere altrettanto agevolmente nella seconda ipotesi, trovandosi l’umidità “racchiusa” nel corpo della struttura.
La permanenza costante di un alto tasso di umidità sulla superficie muraria finisce quindi per creare le antiestetiche e, talvolta pericolose, efflorescenze di muffa, le quali una volta sviluppatesi, si diffondono velocemente nell’ambiente.
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Tornando al caso trattato, dopo questa doverosa breve spiegazione, apparirà chiaro anche al lettore, come la dinamica del problema lamentato, sia da ascrivere ad un difetto attinente l’isolamento termico dell’involucro piuttosto che ad una problematica di infiltrazione di acque meteoriche dal tamponamento faccia vista ( che comunque può incidere ed aggravare la problematica ove presente ).
Tale circostanza é oltretutto avvalorata da due particolari circostante riferite dal Cliente, il quale ha precisato:
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Che le problematiche sono maggiormente evidenti nei mesi invernali (quando la differenza di temperatura esterna/interna è più elevata)
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Che la formazione di muffe si evidenzia particolarmente in corrispondenza degli spigoli interni delle pareti e tra queste e il soffitto ( vedi foto ad inizio pagina ) ovvero in corrispondenza dell’intelaiatura portante in cemento armato.
SCOPERTO L’ARCANO, CHE FARE PER RISOLVERE LA PROBLEMATICA?
Esiste una sola possibilità: EFFETTUARE LA DOVUTA CORREZIONE DEL PONTE TERMICO !
Questo può essere fatto in tre modi:
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isolando l’involucro dall’ESTERNO del fabbricato
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isolando l’involucro nell’INTERCAPEDINE ( ove presente )
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isolando l’involucro dall’INTERNO dell’edificio
Per facilità di esposizione e sintesi, ho riassunto i PRO e i CONTRO di ogni tipologia nello schema di seguito riportato.
Come è possibile comprendere dall’immagine, non sempre quella che risulta essere la migliore soluzione, cioè l’isolamento dall’esterno con sistema detto “a cappotto” è sempre praticabile: infatti nel caso in esame trattandosi di appartamento in condominio non sarebbe assolutamente possibile eseguire un isolamento per una parte limitata della facciata.
La soluzione in “intercapedine” è altrettanto sconsigliabile nel caso in esame ( per le medesime considerazioni di cui al capoverso precedente ), ma anche in senso generale, in quanto l’esecuzione risulta “invasiva e laboriosa” con i conseguenti costi che ne derivano, non considerando che la garanzia di risultato non è scontata a causa della possibilità che alcune zone dell’intercapedine non siano raggiunte dall’insuffaggio ( è la tecnica con cui viene inserito nell’intercapedine della muratura il materiale coibente sfuso ).
La soluzione più idonea a questo punto, per tale circostanza ( condominio ) appare quella dell’ isolamento “interno”, ovvero applicare un adeguato strato coibente sulla parete interna degli ambienti ( quantomeno sulle pareti “incriminate” ), naturalmente dopo aver rimosso e sanificato le superfici interessate dalle muffe mediante un buon prodotto biocida.
Voglio rimarcare l’attenzione sul termine ADEGUATO riferito sia allo spessore che alla tipologia materica dell’isolante in quanto la valutazione di tali due fattori in funzione dello specifico caso, risulta di fondamentale importanza per assicurare l’ottimale e garantita risoluzione al problema, precisando che applicare un pannello in polistirolo, piuttosto che uno in sughero, ovvero adottare un pannello da 5 cm di spessore piuttosto che da 6 cm, per quanto possa apparire un dettaglio insignificante, farà la sostanziale differenza.
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